Menu Chiudi

Indicazioni per la ripresa delle celebrazioni liturgiche

Benvenuto! Il Signore ti doni la sua pace.
Per il bene di tutti noi, è importante attenersi a quanto indicato dal protocollo sottoscritto in data 7 maggio 2020 dalla Conferenza Episcopale Italiana e dal Governo Italiano.
In questa chiesa parrocchiale è consentita la partecipazione di 80 persone per ogni Santa Messa celebrata, senza contare coloro che svolgono il servizio liturgico.
Ricordati che puoi partecipare alla Santa Messa rispettando queste indicazioni:

  • Indossa la mascherina per tutto il tempo della celebrazione;
  • Appena entri, igienizza le tue mani;
  • Siediti nel posto che ti verrà indicato; è assolutamente vietato occupare i posti segnati con un nastro bianco-rosso;
  • Per ricevere la Santa Comunione resta in piedi al tuo posto; sarà il sacerdote a passare tra i banchi;
  • Se hai sintomi influenzali/respiratori o una temperatura corporea pari o superiore a 37,5 ° C, o se sei stato in contatto con persone positive a SARS-CoV-2 devi restare a casa.
  • All’ingresso e all’uscita mantieni la distanza di sicurezza di 1,5 metro da chi ti precede e da chi ti segue.
    Una nota firmata dal nostro Vicario Generale in data 8 maggio 2020, precisa che «nelle Parrocchie della nostra Arcidiocesi in cui vi sono più Chiese, il Parroco indichi ai fedeli una sola Chiesa -possibilmente la più consona al rispetto della normativa – in cui si terranno le celebrazioni liturgiche».
  • Per quanto riguarda la Messa domenicale, ti chiedo la cortesia di scegliere una sola Messa delle 4 possibili (1 il sabato sera + 3 la domenica), così da permettere a più persone di partecipare. Inoltre ci aiuteresti a gestire meglio l’affluenza se decidessi di partecipare sempre alla stessa Messa ogni domenica.
    La chiesa sarà aperta mezz’ora prima di ogni celebrazione. L’ingresso sarà regolamentato dalla protezione civile e dai volontari della parrocchia.
    Per quanto riguarda la celebrazione dei funerali e degli altri sacramenti, diamo la precedenza ai familiari.
    Certo della tua comprensione e collaborazione, ti aspetto per celebrare insieme le meraviglie del Signore.
    Il tuo parroco
    Don Nicola Forio

  • Le Messe segnate con l’asterisco, a cui comunque potranno partecipare 80 persone, verranno trasmesse anche in diretta streaming

Giovani a lungo si, ma non per sempre

Forse non tutti sanno che per lo Zingarelli “ragazzo” significa “fanciullo, giovanetto” direi pertanto indicativamente da 8 a 14 anni. Questa ignoranza fa sì che imperversa sui mass media il diffuso malvezzo, nella titolazione e nei testi, di un indiscriminato uso improprio, erroneo direi, del vocabolo, adoperato oltre che per giovani della fascia d’età della scuola media superiore, anche per giovani di età universitaria (19-26 anni) e finanche per trentenni o addirittura trentacinquenni e quarantenni. A mio parere tale costume non agevola la crescita personale e la responsabilizzazione dei giovani: infatti, c’è il rischio che odiosi episodi di bullismo o veri e propri fatti criminosi passino per “ragazzate”, e che per i loro autori (cfr l’omicidio di perugina) sia normale la definizione di “ragazzi” 8inoltre simpaticamente chiamati col solo nome – sulla scia di “Olindo e Rosa – anziché, per esempio, “i giovani accusati dell’efferato delitto”). Si giunge al paradossale, al grottesco, allorché (radio giornale delle 8,30 di qualche mese fa) i due scippatori che hanno causato la morte di una malcapitata vengono definiti “ragazzini” avendo rispettivamente “solo” 15 e 16 anni! Penso, ma forse mi sbaglio, che i professionisti dell’informazione dovrebbero porre più attenzione all’uso dei termini. Con la scrittura, le civiltà hanno fatto passi da gigante. Nella modernità, il padre della psicanalisi, Sigmund Freud, mette in guardia riguardo “la forza delle parole”. Le parole hanno il potere di plasmare una mentalità, anche e soprattutto quelle usate dai mass media, che sono i nuovi “pulpiti” della società laicizzata. Ora, va da sé che l’impiego troppo disinvolto, improprio o fuori contesto di termini quali “ragazzi”, “ragazzini”, “ragazzate” concorre, oggi, ad aumentare la confusione che regna a proposito della cosiddetta “età della crisi”, ovvero l’adolescenza, alla quale – un tempo – era attribuita una durata circoscritta. Certi dati antropologici macroscopici che contrassegnano il presente, come l’infantilismo diffuso, la sindrome di Pater Pan, il bullismo giovanile, il teppismo, lo “sballo” con alcool e droghe, l’evanescenza dei legami di coppia, tutto ciò è conseguenza – oltre che della cultura sessantottina del “vietato vietare” – anche di un’incoerenza educativa che si rispecchia nel linguaggio quotidiano e che delinea una vera e propria emergenza. Qualche giorno fa, nel pieno centro di Milano, due fratelli di 18 e 17 anni, ubriachi, hanno prima messo in ridicolo una coppia di anziani coniugi, quindi percosso un vigile urbano che aveva osato intervenire: eppure, il giorno successivo, molte cronache giornalistiche non hanno rinunciato a definire “ragazzi” i due malviventi, che fra l’altro non erano alla loro prima impresa del genere. Ritengo che l’uso di simili termini è irresponsabile e dannoso a dir poco quanto certa leggerezza indulgente in famiglia (“…Si sa, sono ragazzi”!) che finisce col divenire collusione, se non istigazione. Certo nessuno ha la bacchetta magica per risolvere in un baleno problemi complessi, ma sarebbe ora di cominciare a riconsiderare, fin dall’età della ragione, il valore – anche cristiano – della responsabilità personale e della disciplina.
Don Michele Carlucci